...Una delle piu’ belle sorprese mi e’ arrivata dal riassaggio del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico superiore dell’azienda agricola Enrico Ceci (di cui avevo gia’ molto apprezzato il 2002), che anche in un’annata anomala e caldissima come il 2003 e’ riuscita a realizzare un bianco equilibrato (nonostante i tredici gradi e mezzo di alcol), godibilissimo, e perfetto per accompagnare piatti a base di pesce, carni bianche, antipasti freddi.
Azienda agricola familiare, che vede tutte le varie fasi di lavorazione (dalla vigna, alla cantina, alla commercializzazione) curate esclusivamente dai componenti della famiglia, la casa Ceci si estende su una superficie di 17,50 ettari di cui 7 a vigneto dislocati su diversi versanti delle colline di San Paolo di Jesi (da 200 a 250 metri d’altezza) piccolissimo centro dell’entroterra marchigiano nella zona di produzione del vino doc Verdicchio dei Castelli di Jesi.
Il vino, (il 2004 e’ stato imbottigliato a fine maggio) espressione di uve provenienti da un vigneto di venti, trent’anni, esposto a nord est, con solo 2000 ceppi per ettaro, affinato in acciaio e con un veloce passaggio di un paio di mesi in grandi botti di rovere, mi ha convinto senza esitazioni. Paglierino dorato carico splendente, ha un naso fitto, maturo, compatto, con note di fieno, pesca noce, frutta secca (noci e mandorle) in evidenza e in bocca un attacco secco, asciutto, molto diretto, senza ruffianerie né concessioni alle mode, ma di notevole consistenza e lunghezza, abbastanza articolato e persistente nel finale.
Azienda agricola familiare, che vede tutte le varie fasi di lavorazione (dalla vigna, alla cantina, alla commercializzazione) curate esclusivamente dai componenti della famiglia, la casa Ceci si estende su una superficie di 17,50 ettari di cui 7 a vigneto dislocati su diversi versanti delle colline di San Paolo di Jesi (da 200 a 250 metri d’altezza) piccolissimo centro dell’entroterra marchigiano nella zona di produzione del vino doc Verdicchio dei Castelli di Jesi.
Il vino, (il 2004 e’ stato imbottigliato a fine maggio) espressione di uve provenienti da un vigneto di venti, trent’anni, esposto a nord est, con solo 2000 ceppi per ettaro, affinato in acciaio e con un veloce passaggio di un paio di mesi in grandi botti di rovere, mi ha convinto senza esitazioni. Paglierino dorato carico splendente, ha un naso fitto, maturo, compatto, con note di fieno, pesca noce, frutta secca (noci e mandorle) in evidenza e in bocca un attacco secco, asciutto, molto diretto, senza ruffianerie né concessioni alle mode, ma di notevole consistenza e lunghezza, abbastanza articolato e persistente nel finale.
Franco Ziliani